Le cose che bruciano

Michele Serra

Le cose che bruciano è l’ultimo romanzo di Michele Serra e il primo che leggo nonostante apprezzi molto le sue Amache, e Gli sdraiati sia sulla mia lista da tempo. Forse sarebbe il caso di leggerlo a questo punto, perché questo nuovo libro mi ha molto incuriosito e non mi basta per farmi un’idea. È etichettato come romanzo, ma a me pare più un’insieme di brillanti riflessioni del protagonista, un quaderno di pensieri sulla vita che ha lasciato e su quella nuova che lo circonda.

Attilio Campi infatti è un politico pentito, che dopo aver provato a proporre una legge per inserire l’uniforme nelle scuole e non essere stato nemmeno considerato, decide di ritirarsi in campagna per liberarsi di tutto ciò che non gli serve, tra cui i curiosi oggetti della defunta zia Vanda. La figura di Attilio è ben delineata, dopo pochi minuti di lettura ci troviamo totalmente immedesimati e sembriamo conoscerlo dall’infanzia, mentre gli altri personaggi rimangono comparse nel suo mondo campagnolo. Comparse, tuttavia, credibili e ben riuscite:

Se c’è una cosa che mi rende orgoglioso è riuscire a mettere a tavola un gruppo umano così composito, avventori di attitudini e costumi così diversi, eppure uniti dalla mia tavola: due contadini veri, una grandissima fica di città con il marito franco-libanese, un allevatore di capre in probabile fuga dall’eroina. A capotavola un ex politico, Attilio Campi. Si parlerà di un sacco di cose, come sempre.

La trama potrebbe essere più curata, già dalla quarta di copertina possiamo intuire cosa succederà e quale sarà il finale, ma Serra trasforma il suo racconto in una raccolta di perle, che rendono impossibile smettere. Eccone una:

Diventi socialista quando annaffi, per forza di cose, perché ti parrebbe ignobile e soprattutto irrazionale trascurare una pianta in favore di un’altra. Esistesse il tubo infinito – infinito e leggero, che non pesa tra le mani, e si srotola lungo i meridiani e i paralleli senza mai un incidente, un intoppo, un nodo – , e fosse infinita una di queste mie sere estive, proseguirei fuori dal giardino, a cerchi larghi, a dare acqua a ogni stelo, ogni albero, in tutta la vallata e oltre, traversando strade e autostrade. Il tubo di gomma, se è buono, continua a lavorare imperterrito anche se ci passano sopra i camion. Andrei in giro per il mondo a dare acqua a tutte le piante.

Oppure l’ironica e rassegnata descrizione della moglie:

Di solito gli ingegneri leggono poco e preferiscono la prassi. A me è toccato in sorte un ingegnere letterato, che quando è ingegnere non sta con me perché viaggia per il mondo, e quando non è ingegnere non sta con me perché legge.

Come non ritrovarsi nelle piccole descrizioni delle situazioni di ogni giorno, e nei viaggi che prendono forma nella nostra mente svolgendo le azioni più banali? Si potrebbe dire altro, ma non vorrei rovinarne il gusto della lettura. È un libro leggero, senza troppe pretese, e tuttavia ricco di humour e ben scritto, quindi per me è sì.

Ma sono curiosa, come sempre, di sapere la vostra opinione.

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